Il posto / 2014

all’interno del progetto Il cielo non è un fondale – Il paesaggio protagonista
site specific di e con Daria Deflorian e Antonio Tagliarini
collaborazione artistica di Rocco Manfredi
per STANZE, esperienze di teatro d’appartamento
ideato e realizzato da Alberica Archinto e Rossella Tansini
con la collaborazione di Teatro Alkaest
organizzazione Anna Damiani

 

 

Quando diciamo “posto” intendiamo qualcosa di più (o di meno) di un luogo. Un posto è dove abbiamo lasciato un pezzetto di noi, è dove vogliamo tornare, o dove non vogliamo più mettere piede.
Segreto, brutto, nostro, nel cuore, nei pensieri. Un luogo a un certo punto è diventato un posto. Anche dentro casa. Quel posto tra le due finestre dove batte il sole e dove ti appoggi e stai, senza fare niente. Quel buco della vecchia poltrona di pelle dove infili il dito. E altro ancora.
Come rintracciare i posti di una casa dove non abbiamo vissuto?
La questione del reale, della realtà, della sua rappresentabilità in arte e nello specifico in teatro ci interessa da sempre. Quando per lo spettacolo Reality ci siamo interrogati su Janina Turek e i suoi 578 quaderni riempiti solo con elenchi delle sue azioni quotidiane siamo stati a Cracovia, visto i suoi luoghi, mangiato i cibi che lei ha minuziosamente registrato, attraversato il quartiere ebraico per arrivare alla casa dove aveva vissuto. Per il progetto successivo Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni lo sfondo è diventato una questione centrale. A proposito della crisi greca e del suicidio di quattro pensionate, rispetto al loro gesto diciamo “… se attorno a questo non preme la realtà… Atene, la periferia, la gente incazzata. Se non preme lo sfondo… se non senti il rumore delle serrande che si abbassano una dopo l’altra con la scritta affittasi, se non senti il rovistare della gente nei bidoni della spazzatura…” Senza sfondo, paesaggio, il loro gesto non potrebbe riverberarsi con quella potenza politica che ci interessava evidenziare. Passaggio naturale, quindi questo progetto, Il cielo non è un fondale.
Non siamo paesaggisti, né urbanisti, ma ci affideremo teoricamente e concretamente alle pratiche di indagine di quei fantastici viaggiatori delle periferie. Nicoló Bassetti nel suo toccante e vivo racconto del grande raccordo anulare di Roma che è stato il punto di partenza per il documentario che ha vinto l’ultimo festival di Venezia, scrive: “Abbiamo puntato sulla lentezza e lo smarrimento metodico”. Nel breve ma intenso saggio La società della stanchezza il filosofo Byung-Chul Han ci ricorda che la capacità di posare uno sguardo incantato su ciò che ci circonda è prima di tutto una capacità di attenzione profonda e contemplativa, a cui schiacciati da un principio iperattivo di prestazione non abbiamo più alcuna via d’accesso.
Altra fonte di ispirazione – anche questa non nuova per noi – è l’arte visiva. L’arte contemporanea riesce a delocalizzare l’attenzione, non la focalizza soltanto sulle figure. Ribalta le gerarchie tra figura e sfondo, soprattutto nelle installazioni e nei video. Un artista come l’olandese Smilnender che ricrea una nuvola in uno spazio chiuso, o artisti della land art, esperienze di indagine nel reale come quelle di Sophie Calle (come in Voir la mer) sono per noi esempi di opere dove la figurazione anche quando è presente serve a raccontare il paesaggio e non il contrario.
Il nostro desiderio è infatti quello di riportare alla fine del percorso di studi la sintesi – intesa non come riassunto ma come folgorazione – del nostro indagare il paesaggio in uno spazio chiuso, astratto.
Il posto è stato presentato nella Casa Museo Boschi Di Stefano, che ospita in un elegantissimo appartamento liberty una straordinaria collezione di opere d’arte del ‘900, da Sironi a Campigli, da Fontana a Manzoni, da De Pisis a Savinio, a Morandi, a De Chirico in un susseguirsi di capolavori raccolti da Antonio Boschi e Marieda Di Stefano, lui ingegnere, lei artista, che in questa casa vissero una vita dedicata all’arte.
In questo luogo unico è stata ambientata performance che costituisce un tassello all’interno del progetto «Il cielo non è un fondale – Il paesaggio protagonista», un’indagine sul rapporto tra figura e sfondo che prima di diventare uno spettacolo li vede impegnati in laboratori, site-specific e performance. Il lavoro di Deflorian e Tagliarini si snoda attorno al concetto di “posto” inteso sia come luogo reale sia come spazio dell’anima.

 

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