Sovrimpressioni / 2021

liberamente ispirato al film Ginger e Fred di Federico Fellini
un progetto di e con Daria Deflorian e Antonio Tagliarini
e con Cecilia Bertozzi e Chiara Boitani
assistente alla regia Chiara Boitani
costumi Metella Raboni

disegno luci Giulia Pastore

organizzazione e distribuzione Giulia Galzigni / Parallèle
amministrazione Grazia Sgueglia

foto Greta de Lazzaris

produzione A.D. e Santarcangelo Festival
con il sostegno di Carrozzerie | n.o.t Roma e di Ostudio Roma

 

Sovrimpressioni è una performance per un numero limitato di spettatori legata al progetto liberamente ispirata al film di Federico Fellini del 1986, Ginger e Fred.

Come facciamo da tempo, attorno ad uno stesso oggetto di studio prepariamo più di un lavoro, in questo caso tre: oltre a Sovrimpressioni, in autunno debutterà lo spettacolo Avremo ancora l’occasione di ballare insieme e per l’inizio del 2022 uscirà il film-documentario sul percorso di lavoro che stiamo realizzando con Jacopo Quadri (con la fotografia di Greta De Lazzaris), Siamo qui per provare.

Che cos’è Sovrimpressioni? Abbiamo rubato il titolo alla splendida raccolta di poesie di Andrea Zanzotto e al suo bisogno di sovrapporre artificio e natura, lingua madre e neologismi, rapporto con le cose e i lampi del pensiero. Tutto questo ci riguarda nel rapporto che da tempo stiamo intessendo tra biografia e finzione, tra le figure che rincorriamo per conoscerci meglio e il presente, lo sfondo storico che preme sulle nostre scelte, le confonde, le smentisce, le conferma.

Nel film di Fellini due artisti che non hanno mai sfiorato il successo, Pippo e Amelia, conosciuti per la loro imitazione della famosa coppia Ginger Rogers e Fred Astaire, tornano dopo molti anni ad esibirsi in pubblico in un programma televisivo scoppiettante di banalità e volgarità.

Daria e Antonio dopo anni di lavori condivisi con altri tornano in scena come la coppia che li ha fatti conoscere, hanno avuto a loro modo successo, la prolungata vicinanza ha confuso alcuni confini tra i due e nello stesso tempo la lunga convivenza sul palco li ha resi meno amici, più appuntiti nel bisogno di evidenziarsi.

Lei non ha una grande simpatia per Giulietta Masina, trova il costume che le hanno messo nel film demodé, ma questa parola che credeva negativa si rivela un’occasione, un traguardo. Scopre che dietro l’irritazione che sente per quella figura femminile così apparentemente docile ci sono punti in comune inizialmente inaspettati.

Lui ha paura di invecchiare, pensava – come Fellini – che sarebbe successo solo agli altri. Trova coraggioso che Marcello Mastroianni si sia fatto diradare i capelli dal truccatore, strappati uno a uno con le pinzette in modo che anche nell’aspetto della pelata assomigli al regista come una goccia d’acqua.

Quello che succede in scena scorre tra il momento in cui i due entrano nello spazio da fuori, dal loro presente e quello in cui dopo un’ora si ritrovano invecchiati, non per assomigliare ai due attori o ai due personaggi, ma per assomigliare a quell’età che hanno e che da fuori ancora loro non vedono.

 






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